EPITHESIS

Epitesis
“Ciò che conta non è una filosofia della vita, ma l’osservare quel che realmente accade nella nostra vita quotidiana, dentro e fuori di noi.” Krishnamurti
L’agire dell’arte e dei suoi linguaggi sovrapposti nasce da un pensiero primo, un concetto che si muove e si sviluppa dalla sperimentazione creativa e istintuale della materia. Tra il turbinio delle forme e la linearità dei segni nasce un ordine, un’estetica ipertestuale, attraverso cui una decostruzione della materia e una ricostruzione delle forme riportano alla luce una realtà sensibile, plasmata dalla sedimentazione di connessioni emotive e da filtri neutri che svelano l’infinita mutevolezza della vita e dello spirito. Ogni elemento contribuisce a creare equilibrio, forma ed essenzialità, chiaroscuro e tridimensionalità, rigore classico e leggerezza; un vocabolario di segni che sovrapponendosi rintraccia quello spazio imperituro dove si proiettano emozioni e percezioni e dove l’immagine, dai plurimi linguaggi e significati, viene restituita con un nuovo senso sintattico nei substrati della realtà oggettiva. Epitesis, sovrapposizione, è la chiave di volta che sancisce l’intesa lavorativa tra due artisti che si confrontano mediante l’uso della materia, suggellando il dualismo tra rappresentazione classica e metamorfica. Valentina Colella e Giorgio Tentolini, tramite le loro opere dialogano sulla stratificazione della coscienza e dei segni con un linguaggio non convenzionale; gli strati di materia fanno emergere le figure, i concetti, gli stereotipi e i legami. Il loro linguaggio sintetico e monocromatico si incontra per la prima volta al premio Cairo nel 2018, curato dalla rivista Arte, finalisti del premio espongono al Palazzo Reale di Milano. La trama degli eventi, come un filo di Arianna, li rivede fianco a fianco in Puglia, in un nuovo confronto diretto sul gioco delle metafore esistenziali. Come viaggiatori incantati, ci invitano a seguire le scie direzionali per arrivare a noi stessi attraverso l'intricata trama dell’esistenza. Classicismo iconografico e dissolvenza sacrale, reti e carte, costituiscono la trama e l’ordito di Epitesis, conducendo l’osservatore ad una nuova ipotesi sul vuoto e sulla figura: le forme generano gli istanti. L’osservazione asciutta, neutra di Giorgio Tentolini rivela dell’effimero che domina e appaga l’occhio, condizionato da canoni estetici omologanti, standardizzanti e spiazzanti; le reti metalliche imprigionano l’attenzione di chi guarda che disorientato e ammaliato ricerca il senso ultimo; una gabbia di esagoni, simili ad alveari, dona vita ad un volto idealizzato, classicheggiante ed armonico svuotato delle sue peculiarità, della sua unicità e identità, e ci restituisce l’idea di una società impermanente, conformata che tende all’instancabile ricerca di perfezione straniante. Un fermo immagine che eternizza e strappa al mutevole vortice della vita. La visione intima e personale di Valentina Collella fa da contrappunto ai miraggi iconici di Tentolini. La dissolvenza degli elementi conquista lo spirito e ci conduce nella via della trasmutazione, così come la leggerezza a tratti impercettibile dei voli ci racconta dei simulacri della condizione effimera e transitoria dell’esistenza umana e del “fluire infinito nella corrente del tempo”. Dal cielo alla terra, dal buio della perdita alla luce della rinascita, la presenza frammentata sovrapposta si frantuma, si trasforma, rinasce e si radica a nuova vita. L’occhio viene catturato dal puro bianco, un’invocazione alla liberazione e alla purezza, un volo pindarico tra i pieni della materia e il vuoto dell’assenza strutturale. In questo caleidoscopio di forme e immagini le materie di uso comune sono le protagoniste assolute delle opere; una pluralità di linguaggi fatta di filtri, di incisioni, di sovrapposizioni, di preghiere, di voli, di donne, e delle stelle che come punti fermi segnano le direzioni dei naufraghi alla ricerca di porti sicuri, “colmando i silenzi e dando voce all’immemorabile”.
Emanuela Alfano