DALLA FORMA ALLA MATERIA

DALLA FORMA ALLA MATERIA
Inaugurazione 17 marzo ore 1930
In mostra fino al 30 aprile Galleria VENTOBLU, Polignano a Mare:
MARIKA FASOLI , MIMMO IACOPINO, IGINIO IURILLI.

Si presenta ricca di spunti per nuove analisi sull’arte contemporanea la mostra collettiva presso la “Galleria VentoBlu” di Polignano a Mare, dove dialogheranno, in questo “Spazio Arte”, le opere di tre artisti contemporanei, Mimmo Iacopino, Marica Fasoli e Iginio Iurilli. Accomunati da un percorso simile, che muove dal linguaggio figurativo per raggiungere, con diverse inclinazione, un’esito artistico intriso di astrazione e concettualismo, tramite la materia, modellabile, plasmabile, modulabile.
Riprendendo l’assunto michelangiolesco secondo cui la forma è nella materia, la forma, nelle opere dei tre artisti è in un altrove metafisico, esiste già nell’iperuranio, nel mondo delle idee dei nostri tre autori, che fanno incontrare armoniosamente la forma con i materiali usati. La forma vive grazie alla materia diventando un tutt’ uno con essa. Ma, come sostiene Aristotele, la priorità della forma è anche logica perché «di ogni cosa si può parlare in quanto ha una forma e non per il suo aspetto materiale in quanto tale».
Marica Fasoli, restauratrice e pittrice di Bussolengo (Vr), propone opere delicatissime raffinate e sublimi, che solo la dolcezza e sensibilità femminile potrebbe produrre, modellando la carta, che da supporto, diviene essa stessa mezzo e prodotto artistico. Le sue opere sono il frutto della costruzione e decostruzione-spiegamento di Origami. La carta, usata per la realizzazione dei tipici e benauguranti animaletti apotropaici giapponesi, ormai distesa, è segnata da fittissime pieghe sottolineate con tocchi di pittura e l’intricato reticolo di linee e angolature che ne risulta, ricorda una cartina geografica o le rughe del viso o i segni della nostra esistenza. Partendo da un Origami, per arrivare a ciò che ne rimane dopo averlo decostruito, spinge l’osservatore ad una riflessione sulla eterna ciclicità dell’esistere, portandoci a pensare all’eterno ciclo vitale: creazione distruzione, nascita e morte.
Mimmo Iacopino, pittofotografo milanese, come un ragno tesse la sua tela ( così Man Ray definiva il suo amico Duchamp), grazie alla sua abile manualità, propone intrecci creativi, trame e percorsi, fatti di elementi compositivi insoliti, quali fili mouliné in cotone, nastri di velluto, di raso, metri da sarto, da banco, righelli, termometri, ritagli di spartiti musicali e di testi letterari su tela o senza supporto, creando piccoli arazzi con un paziente lavoro di tessitura, impuntura, rammendo: il risultato è un intreccio armonico tra materiali e colori. Decontestualizzati dal loro abituale campo d’esistenza, i materiali diventano corpi morbidi e lucenti che disegnano profondità, proporzione ed equilibrio compositivo. La luce, ora assorbita ora riflessa diventa parte integrante dell’opera, valorizza il lavoro e ne enfatizza la plasticità. Come i dadaisti, si guarda intorno, sceglie le cose apparentemente più ordinarie e le trasforma in oggetti di culto e di stupore, come nel rady- made, elegge oggetti di vita quotidiana a opera d’arte, in questo modo, un oggetto anonimo, strappato alla quotidianità e messo sotto i riflettori, genera sorpresa e ammirazione negli spettatori.
Iginio Iurilli, pugliese, spaziando nel corso della sua continua ricerca artistica, nell’arco di una cinquantennale carriera, ha usato diverse forme di espressione, prima scenografo poi pittore e scultore. Oggi è tra gli scultori più attivi della scena meridionale, è creatore di forme e domatore di materie dissimili. Artista schiettamente mediterraneo ci propone i suoi “tipici” soggetti marini; le sue sculture eleganti e levigate, non sono del tutto concettuali ma hanno le proprie radici nel reale. Iurilli, parte dalla rappresentazione della realtà, la riprende attraverso un percorso di mimemis nelle forme, ma da vero artifex, artigiano, imita e scavalca la natura, ne reinventa le forme sublimandole con la gestualità e la fisicità; da vero alchimista trasforma e trasmuta la materia. Grazie alla sua fantasia e immaginazione, che affonda le radici creative nella memoria nel ricordo e nel sogno, la “sua frutta di mare”, (la cozza il dattero e il riccio), diventa fuori scala, giganteggia tra di noi nel nostro spazio e tempo, come se arrivasse da un’altra dimensione, con una estrema eleganza formale, esaltata e arricchita dal colore, tanto da percepire le sue produzioni sempre al confine tra pittura scultura e perfomance. In queste opere è forte la tematica e la denuncia ecologica: la natura (come un gatto o il pesce palla) si gonfia, si difende aggredendo, per spaventare gli assalitori, gli aggressori: gli uomini.

Giuseppe Lopriore